Archivio per la categoria Frontiere e confini

CAGNE IN FROCESSIONE

CAGNE IN FROCESSIONE contro padre, patria e padrone. questa la fascissima trinità che con euforia degenere, oscena bellezza, amore e rabbia abbiamo fatto a brandelli lo scorso 10 luglio durante la lunga frocessione che ha dissacrato le strade di torino. in continua allerta transfemminista queer ballerina, migliaia di persone si sono riversate splendenti nelle strade, mostrando anche quest’anno l’urgenza di prendere spazio e parola, agire la nostra perversa immaginazione, sovvertire la norma partendo da noi e parlando di noi, senza multinazionali come sponsor/servizi d’ordine/sbirraglia arcobaleno/politicanti liberal a caccia di voti. dieci stazioni della via fro.cis e più di venti interventi (non siamo davvero riuscit a contarli, l’urgenza di narrare, narrarci, denunciare e sognare è stata ed è tracotante). abbiamo sculettato, ci siamo fatt spogliare dai ritmi di radio blackout, dei vibrisse e della murga, per una street parade translellabifrocia che ha ribaltato la città.

APOCALISSE QUEER! svestitevi, perché verrà il giudizio di dior! per il quarto anno le mostre indecorose e post-sabaude del free(k) han fatto deserto della fetente norma patriarcale, razzista, sessista, specista, abilista, stronzista. se per una giornata è stato sospeso il regime politico eterocissessuale, sia queernevale tutti i giorni, perché cambieremo il mondo! la nostra favolosa fluidità che non fabbrica falsi binomi, non impone una verità, non ammicca ad alcuna legittimazione istituzionale anche quest’anno ha frocizzato l’esistente, e lo fa sempre più in grande.

ETEROSBIRRI PAGATECI L’ELICOTTERO per misurare chi ha la folla più lunga, vi spergiuriamo che non lo useremo per le vacanze su urano! eravamo tantissimu! abbiamo gridato di aborto, spazi safer, di salute dal basso e ricatto dei brevetti, di anticlericalismo e sette religiose, antispecismo, sex working, dei cpr=lager di stato, di pinkwashing internazionale, di gayntrificazione, di sostanze alteranti e stigma sessista, antimachismo, poliamore, sieropposizioni, bdsm politico. abbiamo usato il nostro corpo come primo strumento di lotta e di piacere: abbiamo ballato e perreggiato lungo quelle strade che ci marginalizzano, ci ghettizzano, ci riconoscono solo se consumatori; quelle strade che ci ‘tollerano’ quando siamo decoros, docili, invisibili, travestit da eterocisessuali… e quelle strade sabato scorso hanno goduto con noi. oltre agli interventi programmati abbiamo raccolto testimonianze spontanee da fate e streghe metropolitane che hanno attraversato il corteo: la zia di orlando, fratella suicidato dall’omofobia nella nostra città, ‘torino ti ama’ ha gridato al microfono, e ci si è sciolto il trucco. quella di un compagn spagnol che ci ha raccontato dell’infame omicidio di samuel, mosso sempre da disgustosa omofobia. i vostri nomi non verranno dimenticati! sorell, vi vendicheremo!
GRAZIE a chi ha condiviso corpe ormoni sudori rabbia casse, ai tamburi della murga, ai ripiglini delle chemical, ai dj subumano e yashin, alla brigata spillatresse di birra, allu compagn e complici di lotta della rete transfemminista queer venut a godere con noi da altre città, a chi (ancora) non era con noi, a chi ci stiamo dimenticando. al nostro pride che non è ‘l’anti-pride’ ma uno spazio di (r)esistenza, intersezioAnale, critico, transfemminista, froci@. un pride che non si esaurisce in una giornata: se ti abbiamo fatto battere il cuore e/o il qulo vieni a conoscerci, abbiamo un sacco di marachelle in mente e abbiamo appena iniziato.

ci vediamo in giro,
le vostre cagne

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TDOR 2020 – rivendicazione nella Trans Freedom March

(pubblicato il 21 novembre 2020)
Ieri abbiamo portato in piazza i nostri corpi per la Trans Freedom March TDoR 2020 e abbiamo letto l’intervento che riportiamo di seguito. Perché non sia solo un giorno di commemorazione ma anche per rivendicarci la rabbia, contro la transfobia sociale e di stato, contro le gabbie del binarismo e del controllo sui confini di genere.
tdor2020
 
INTERVENTO TDOR 2020
Iniziamo questo intervento come rete Free(k) Pride riprendendo un testo che era stato scritto l’anno scorso in preparazione del nostro pride da due persone trans, e che abbiamo integrato nella parte finale con alcune nostre osservazioni critiche alla luce dei cambiamenti dell’ultimo anno.
In questo intervento userò la parola trans, ma forse non è la parola più adatta per questa situazione. Una persona trans coincide spesso, nella nostra immaginazione, con una persona che ha deciso di iniziare un percorso di medicalizzazione per cambiare alcune caratteristiche. Sento il bisogno di parlare non soltanto di chi sta facendo un percorso di transizione, ma anche di chi non si definisce cis. Anche di chi ha elaborato la propria identità di genere in modi non normativi. Purtroppo, però, non avendo trovato altri termini che siano ugualmente immediati, ho scelto di usare il termine trans.
L’intera società si basa sull’assegnazione alla nascita di uno degli unici due generi considerati reali, a seconda dell’anatomia di ciò che abbiamo tra le gambe. Questi due generi sono costruiti come opposti, e per questo complementari, basandosi su una presunta ‘corrispondenza biologica’ tra il genere di una persona e uno dei due sessi, maschio e femmina. Anch’essi costruiti socialmente come poli opposti e complementari. Tutto viene normato in base al genere assegnato: gli interessi, i comportamenti, gli abiti e gli accessori, gli sport, i giochi, l’interesse sessuale, la voglia di fare sesso, la lunghezza dei capelli, la quantità di peli, i mestieri. La nostra anatomia viene usata per decidere che persone dobbiamo diventare. Se deludiamo le aspettative c’è qualcosa che non va. Chiunque non rientri nelle norma viene discriminata, bollat come errore e forzato ad aderirvi. Le persone trans sono persone a cui viene assegnato un genere diverso dal proprio, alla nascita. Per essere definibili trans non è necessario fare operazioni chirurgiche ai propri genitali. Non è necessario iniziare a prendere ormoni e neanche cambiare nome. Non è necessario cambiare ‘pronomi’, ovvero il modo di parlare di sé (maschile, femminile, nessun genere o entrambi o altro). Alcune persone trans decidono di fare una transizione medicalizzata, quindi chirurgie e/o prendere ormoni, ma non tutte! Nonostante ciò, si sceglie di ignorare la nostra esistenza e si preferisce indicarci come eccezioni, confusə, strambə.
Le uniche persone ad avere il privilegio di vivere tranquillamente il proprio genere sono le persone cisgender. Con cisgender intendo tutt coloro la cui identità di genere corrisponde con quella data alla nascita in base alla loro anatomia. Persone assegnate al sesso maschile che sono uomini. Persone assegnate al sesso femminile che sono donne.
Chi è trans viene bloccatə, invisibilizzatə e patologizzatə. Essere trans è permesso solo in presenza di una diagnosi psichiatrica. Come se fossero i medici a doverci dare il permesso di esistere. Le persone trans sono credute tali, solo se hanno un forte disagio per il proprio corpo. Si parla di persone nate nel corpo sbagliato; come se ci fossero corpi giusti e corpi sbagliati. Come se l’esistenza delle persone trans fosse un errore biologico; a cui lə medicə sono felici di porre rimedio. La voglia di sottoporsi a un trattamento ormonale, e soprattutto la volontà di sottoporsi a una chirurgia genitale sembrano essere gli unici modi per distinguere chi è ‘davvero trans’, da chi non lo è abbastanza, quindi è considerabile cis. Invece le persone trans sono tante, e diverse. C’è chi decide di transizionare e chi no. Tutt siamo ‘abbastanza trans’.
Al momento per essere trans devi chiedere l’autorizzazione e il giudizio di professionistə, che la maggior parte delle volte sembrano messə là per assicurarsi che la tua infrazione di genere non sia troppo esagerata, spudorata o visibile. In Italia puoi cambiare nome solo con uno che si accordi al sesso assegnato alla nascita. E se il nome non coincide hai bisogno di procurarti certificazioni psichiatriche e psicologiche che ti diagnostichino un disordine, prima classificato come mentale, adesso come disturbo dello sviluppo sessuale. Se non hai abbastanza soldi per pagare unə psicologə privatə, devi rivolgerti al sistema pubblico e tutto diventa molto più lungo, cisnormativo e binario. Non è previsto che tu voglia cambiare nome senza chiedere il permesso a unə medicə. Non è previsto che tu voglia cambiare nome senza fare prima un percorso di transizione ‘fisica’. Nel protocollo medico più utilizzato nei centri di transizione in Italia, anche a Torino, devi sopportare minimo 6 mesi di sedute psicologiche (e alcune psichiatriche a seconda dei posti) in cui dimostri che tu sei abbastanza trans per avere la loro autorizzazione a procedere. Quando lə specialistə ti avranno giudicato sufficientemente trans per i loro standard, avrai la diagnosi di disforia di genere. Con questa potrai iniziare un periodo di 12 mesi che viene chiamato “esperienza di vita reale”. Inizierai a prendere gli ormoni del sesso costruito socialmente come opposto, sempre costrett ad andare dallə psicologə a cui dimostrare di essere abbastanza trans. Alla fine di questi 12 mesi, portando i documenti a unu giudice, questu ti darà il permesso per cambiare nome e sesso legale (in maschio o femmina, non ci sono altre opzioni).
Nonostante la necessità di diagnosi, in realtà nel bugiardino dei farmaci utilizzati come ormoni non è segnata la disforia di genere. Questo significa che anche con l’autorizzazione del medico, dopo tutti quei mesi da psicologə, capita che in farmacia si rifiutino di darti il farmaco perchè è illegale dare testosterone a persone indicate come femmine. 
A fine settembre di quest’anno l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) ha firmato due determine che stabiliscono l’erogabilità delle terapie ormonali sostitutive a totale carico del Servizio sanitario nazionale. 
La notizia è stata accolta con grande entusiasmo da associazioni trans e LGBT. Se da un lato comprendiamo che queste determine possano rappresentare un miglioramento delle condizioni di accesso agli ormoni da parte di alcune persone trans, dall’altra pensiamo sia anche importante riconoscerne i limiti. Innanzitutto, si identificano come possibili prescrittor equipe di professionisti specializzati in identità di genere e per accedere alla gratuità ci vuole una diagnosi di disforia o incongruenza di genere: ancora una volta le persone trans vengono trattate da malate. Inoltre, le equipe specializzate non sono distribuite in modo uniforme sul territorio, e questo potrebbe causare disuguaglianze nell’accesso. Ancora, le due delibere parlano rispettivamente di «processo di virilizzazione di uomini transgender» e «di femminilizzazione di donne transgender». Questo rigido e anacronistico binarismo è transfobico proprio a partire dal linguaggio utilizzato, che esclude di fatto tutte le soggettività non binarie [binarism is for computer].
Anche se vuoi farti delle operazioni devi chiedere il permesso allə giudicə, dopo tutti questi mesi di psico-dimostrazione. La legge è a interpretazione dellə giudicə, che a volte nomina un CTU, perchè reputa necessari ulteriori accertamenti psicologici, come se 18 mesi non fossero già abbastanza. Questo protocollo non prevede l’esistenza di persone non maschi o non femmine. Le persone non binarie e queer sono forzate a non esistere. Non prevede neanche l’esistenza di percorsi diversi da quello standard. In alcuni tribunali non è previsto il cambio di nome e sesso legale senza prima la sterilizzazione. Secondo loro l’operazione ai genitali dovrebbe segnare la tua indissolubile convinzione di appartenenza al “sesso opposto”. Non puoi toglierti le tette senza prima farti crescere la barba, non puoi cambiare nome prima di aver assunto ormoni. E nel caso in cui tu non volessi seguire il loro protocollo, non puoi accedere alle operazioni. Le eccezioni e le sentenze esistono, ma sono appunto eccezioni rispetto al protocollo, e renderle tali contribuisce alla discriminazione per chiunque affronti un percorso “non standard”. Da minorenne non puoi operarti, devi aspettare i 18 anni. Da minorenne i tuoi genitori hanno il potere di decidere se farti iniziare un percorso di transizione o meno. Da bambin devi sperare che lə pediatra si sia informat sulla varianza di genere e conosca centri a cui indirizzarti.
Potrebbe sembrare assurdo ma se un giorno volessi aumentare il mio seno di 3 taglie, ci vorrebbe molto meno tempo e fatica rispetto a quanto ci vuole per poterlo rimpicciolire o eliminare. La libertà ad autodeterminarsi è limitata da quanto siamo normat, e normal, agli occhi altrui.
La patologizzazione delle identità non normate si riflette ovunque. In università esiste la carriera alias, cioè avere il proprio nome e non quello anagrafico sul libretto, prima che il giudice dia l’autorizzazione al cambio dei documenti. Ma anche questa al momento può essere richiesta solo se si ha l’autorizzazione di unə psicologə. Senza contare che è solo per studenti e studentesse.
Vogliamo essere trans e frocie, bisessuali, pansessuali, asessuali, demisessuali senza sentire il bisogno di nasconderlo perchè lə dottorə pensano che l’unico modo giusto per essere trans sia essere etero. Vogliamo essere trans e migranti, senza che questo precluda l’accesso ai servizi che scegliamo, se li scegliamo, per la nostra transizione. Vogliamo essere trans e avere un lavoro, con una legge che elimini le discriminazioni. Vogliamo essere trans e minorenni, senza che questo ci costringa ad attendere i 18 anni o l’autorizzazione di altru per autodeterminarci. Vogliamo essere uomini in gonna, donne con peli, persone non binarie truccate, persone queer che odiano truccarsi, senza che l’endocrinolog lo segni nella sua anamnesi come se fosse rilevante. Vogliamo essere trans e non binary, ovunque, senza dover chiedere scusa. Vogliamo essere trans e autisticə, senza che questo renda impossibile trovare psicoterapeutə competenti. Vogliamo essere trans e masturbarci, fare poco sesso, fare tanto sesso o non farlo per nulla, senza che importi qualcosa a chi deve darci l’autorizzazione. Vogliamo poter essere trans e confus e prenderci il nostro tempo per capire, senza che la nostra legittima confusione vi serva per forzarci ad essere cis. Vogliamo più tutele nella denuncia delle discriminazioni che subiamo dal sistema sanitario.
Nessun dovrebbe chiedermi se le persone non binarie esistano. O se sono ancora sicuro di essere non binario, soprattutto lə medicə a cui mi rivolgo per la transizione. Nessun dovrebbe chiamare la mia situazione “confusione di genere”, dirmi che prima o poi capirò di essere uomo o donna. Nessun dovrebbe prendere nota di come mi vesto, affermando la presenza di un problema medico se qualcun dice di essere uomo ma si veste da donna. Nessun dovrebbe porsi problemi sul mio orientamento sessuale.
Questa è transfobia di stato e ha una relazione diretta con la transfobia sociale, responsabile delle violenze e della morte di troppe persone trans. Facciamo che questo non sia solo un giorno di commemorazione delle vittime, rivendichiamoci la rabbia contro la violenza transfobica, non accontentiamoci delle briciole dello stato paternalista.
 
IO NON SONO LA QUANTITÀ DI PELI CHE HO 
IO NON SONO IL MIO TIMBRO DI VOCE 
IO NON SONO UN NOME SULLA CARTA DI IDENTITÀ 
IO NON SONO LA QUANTITÀ DI ORMONI CHE LO STATO VUOLE CHE ASSUMA 
IO NON SONO RAPPRESENTATə DAGLI STEREOTIPI DI GENERE E DAGLI STANDARD DI
BELLEZZA
IO NON SONO IL GENERE CHE PERCEPITE 
IO NON SONO PER FORZA DONNA O UOMO 
IO NON SONO UNA PATOLOGIA
VOGLIAMO ESSERE LIBER DI TRANSITARE TRA GENERI E CONFINI

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Free(k) Pride – Mostrə contro i confini!

(scritto il 13 luglio 2020)
Nella notte tra il 27 e il 28 giugno 1969 a New York, nel locale dello StoneWall Inn, iniziava la rivolta frocia contro la repressione poliziesca e conuna società razzista e omolesbobitransfobica che marginalizzava, reprimeva e uccideva chi non rientrava nella norma bianca, cisgender (persone che si identificano nel genere assegnato alla nascita), eterosessuale.
 
Cinquant’anni dopo. Se nel mese di giugno istituzioni, aziende e politicanti si dipingono i calzini di arcobaleno strumentalizzando le nostre lotte per rifarsi la faccia e riempirsi il portafoglio (1), nel resto dell’anno le rinnovate politiche fasciste e neomoraliste continuano a reprimere la libertà di autodeterminazione delle mostruosità libere e antagoniste.
 
Siamo trans, frocie, lelle, intersex, reiette, bisex, puttane, asessuali, infettə, migranti, marginalizzatə a cui viene negato di transitare, esistere, vivere. Non ci siamo dimenticatə di Sylvia, Marsha e delle altre favolosità (2). Non vogliamo ricordarle per mera ricorrenza, attraversando decorosamente una città-vetrina che mentre si vanta di essere inclusiva costruisce confini territoriali e fisici tramite la militarizzazione delle periferie e la criminalizzazione di migranti, emarginatx, trans e dissidenti: la feccia della società. Per noi ricordare i Moti di Stonewall significa celebrare una rivolta, rivendicare il nostro essere sporchə e indecorosə, il nostro migrare e valicare i confini fisici e culturali.
 
Quando i nostri corpi non sono riconducibili alle due categorie stagne uomo-donna sono considerati mostruosi, disturbanti, malati. Ma quanto godiamo coi nostri tentacoli! Rivendichiamo i nostri corpi intersessuali, non binari, in transizione, non conformi per una libertà di espressione piena e autentica slegata da qualsiasi norma imposta. Ci repelle l’idea di famiglia assunta a (unico) modello di nucleo sociale riconosciuto e tutelato, istituzione che come ben sappiamo veicola e riproduce violenze e oppressioni contro donne e soggettività queer. Vogliamo essere liber di scopare, amarci, intessere relazioni, lasciarci, ricostruirci, bastarci.
 
Sabato 13 luglio la rabbia frocia inonderà le strade di Torino, mostruosa e libera.
 
NON UN TACCO INDIETRO contro i confini che ci vengono imposti!
 
UNA SCHECCATA VI SEPPELLIRA’!
 
Free(k) Pride, 
13 luglio h16 Piazza Carlina!
 the frocial mass
(1) stiamo parlando di pinkwashing, letteralmente “lavare di rosa”, termine con cui si intende l’occultamento di politiche repressive da parte di governi e corporation attraverso l’utilizzo strumentale delle lotte femministe ed LGBIT+Q.
 
(2) tra le tante favolosità, Sylvia Rivera e Marsha P. Johnson – attiviste transgender – hanno guidato e ispirato la rivolta frocia contro la violenza della polizia. Insieme hanno co-fondato l’organizzazione STAR (street transvestite action revolutionares).

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Noi non dormiamo, Nessun* Norma!

(scritto in occasione del primo “Free(K) Pride”, allora “Nessun* Norma!”, che è stato il 28 giugno 2018)

Testo bianco con contorni viola su sfondo nero: 28/06 Piazza Palazzo di Città H:17.30 – Pride indecoroso / Pride è rivolta! Contro frontiere e decoro Nessun* Norma! A seguire H:22.30 – Queerparty / A destra: immagine di un dildo per fisting viola

nell’europa civile e democratica dei diritti e del libero scambio, per qualcunə le frontiere sono sempre più presidiate, recintate, militarizzate. il prezzo che si paga per superarle è scomparire in mare, attraversare le montagne o essere rinchiusə in moderni lager. l’antirazzismo che vogliamo agire non è la commozione perbenista, voyeuristica o assistenziale che alimenta rapporti di potere asimmetrici e neo-coloniali fondati su un’idea d’integrazione lavorista schiacciata sui civilissimi modelli sociali, economici e politici europei. ci disgusta la narrazione di un occidente libero ed emancipato. esprimiamo solidarietà, complicità e mutualismo a chi cerca di abbattere le frontiere con i propri corpi e vissuti non conformi.

leviamo la nostra voce contro le istituzioni benevole, le forze dell’ordine rassicuranti, le componenti normalizzanti, che mentre sfilano in questo pride sono anche al governo con salvini e la lega. non ci allineiamo con le istanze del movimento lgbt mainstream che per poter essere riconosciuto dalla norma ne perpetra i metodi. non vogliamo che i nostri culi vengano brandizzati e strumentalizzati elettoralmente. le stesse istituzioni torinesi che oggi si autocelebrano, bonificano a tavolino quartieri, sovradeterminando corpi e desideri, sgomberano spazi sociali e campi rom nel nome della legalità e del decoro. non partecipiamo felici al rifacimento di quartieri da cui ci avete sbattuto fuori. non vogliamo attraversare spensierate i boulevard sabaudi barricati, non abbiamo intenzione di partecipare al vostro party esclusivo ma soprattutto escludente.

siamo trans*, vacche transumanti, antifasciste, lelle, infette, transfemministə, psiconaute, frocie, punk, antisessiste, precarie, frochattare, antispeciste, queer, queen, squinzie, disokkupate, shampiste, cagne e sorche, mutanti.

ci prendiamo spazi in cui debordare, in cui vivere, mangiare, dormire e godere; luoghi in cui accogliamo e siamo accolte, in cui scambiamo, fluiamo ed espandiamo le nostre reti. siamo le creature dei parchi e delle frasche, pronte a risplendere da quegli angoli bui in cui ci volete relegare. il più alto dei grattacieli o la più cupa delle vostre nuvole non getterà mai ombra sulle nostre r-esistenze.

rifiutiamo le categorie socialmente imposte, viviamo nelle intersezioni, nei confini, nei meticciamenti. non vogliamo incastrarci e ghettizzarci nei binarismi medicalizzati e psicologizzati: i nostri corpi e le nostre sessualità li attraversano, eccedono, deragliano. vomitiamo glitter su ogni tipo di norma. siamo orgogliose di altro e di essere altre. siamo ovunque – veniamo ovunque.

siamo frocie incazzate contro le frontiere, contro il decoro, contro la normalizzazione dei nostri corpi e desideri tuttə liberə di circolare ed autodeterminarsi!

il 28 giugno ci riprendiamo le strade e le piazze dalle quali avete voluto cacciarci: partiremo da piazza palazzo di città alle 17:30 e sfileremo fino a parco dora dove allestiremo lo spazio per un queerparty!
Tutto il ricavato della festa sarà benefit Chez Jesus – Rifugio Autogestito

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